Chi conosce bene uno spot sa dove far giungere il proprio apparato pescante con precisione per massimizzare i risultati e assicurarsi una più efficace azione di pesca. Vale per ogni tecnica, nessuna esclusa. Vi sono zone pulite e zone più a rischio di incaglio, aree sabbiose, fangose e rocciose, distese di alghe e di piante, scogli di tremolina (rocce con serpulidi), punti a maggior e minor profondità e, infine, quelli che rendono e quelli che non rendono. In poche parole se hai fatto tutto bene ma poi sbagli dove lanciare, l’esca non lavora come dovrebbe o peggio ancora non ci sono pesci ed ecco che rimani a fissare il quiver per ore nell’attesa della mangiata che non arriverà mai.
Per questo motivo ogni nuovo spot va sondato e testato, mettendo in conto una certa perdita di tempo; tempo che non è realmente perso ma piuttosto dedicato alla conoscenza.
1. La profondità
A meno che non si voglia la massima precisione (in tal caso dovremmo effettuare un plumbing vero e proprio) la profondità di una zona si può stimare misurando il tempo di affondamento di un piombo. La legge di Stokes descrive la velocità limite di caduta di una sfera immersa in un liquido.
Non staremo qui a pubblicare i vari passaggi né a fare precisazioni accademiche, basti dire che i dati necessari sono la densità della sfera (piombo), il suo raggio, la densità dell’acqua a 20°C, la sua viscosità e l’accelerazione gravitazionale. I risultati, riferiti ad un piombo sferico di 40 grammi, indicano una velocità di affondamento di circa 2 metri al secondo. Questo in condizioni ideali. Ovviamente vi sono numerose “perturbazioni” dovute alla traiettoria di lancio, alla differente viscosità dell’acqua (si pensi ai materiali in sospensione nei fiumi), alla corrente e via dicendo. Se volete divertirvi a fare dei calcoli potete utilizzare uno dei tanti calcolatori online (es. omnicalculator).
Anche il conteggio dei secondi incide con notevoli differenze a seconda che si utilizzi un cronometro o lo si faccia a voce (es. un gatto… due gatti… tre gatti…). Ma, intendiamoci, a noi non interessa conoscere esattamente la profondità quanto stimarla: non peschiamo al colpo (in quel caso avremmo usato un altro metodo) ma a legering e sul fondo. Piuttosto a noi interessa avere un’idea della profondità media, conoscere la presenza di buche e zone sollevate abbastanza pronunciate e, in base a queste informazioni, fare delle scelte.
Una semplice sonda sferica da 40 gr.
Dunque in pratica è sufficiente applicare una sonda sferica alla lenza ed effettuare una serie di lanci misurando il tempo di affondamento in una certa zona e nelle aree vicine per “mappare” la profondità. Il più delle volte su una stessa linea di pesca troveremo una profondità abbastanza uniforme ma può capitare che vi siano strutture naturali o artificiali che si sollevano dal fondo per una certa estensione, come anche avvallamenti diffusi di cui è bene tener conto.
2. La natura del fondale
Oltre alla profondità è fondamentale sapere anche dove stiamo pescando. Parliamo della morfologia e delle caratteristiche del fondale che incidono enormemente sia sulla presenza, sia sulla tipologia di pesci che sulle montature più idonee. Se il sistema pescante finisce in una prateria di posidonia, oppure feeder ed esca sprofondano sotto uno spesso strato di foglie morte o limo o anche finiscono tra rocce con incagli ad ogni lancio; gli scenari sono molteplici e possono influenzare in maniera notevole sui risultati di una sessione di pesca.
Fondale duro a tratti ciottoloso.
È abbastanza ovvio che nella pesca a fondo l’esca deve essere a portata di pesce e nella pesca a feeder la pasturazione deve potersi svolgere in condizioni ottimali per poter richiamare e concentrare le prede. Ma non basta. Possono esserci dei veri e propri deserti, zone in cui non si incaglia neanche volendo ma il pesce non gira poiché l’habitat è povero di nutrimento per via di un fondale pressoché sterile o addirittura inospitale. Capita sia in mare che in acqua dolce.
Qui dovete ampliare la conoscenza combinando le informazioni ottenute sondando con l’esperienza poiché i fondali che hanno caratteristiche simili (rocciosi, ciottolosi, sabbiosi, limacciosi, ecc.) non è detto che siano tutti ugualmente produttivi.
Tipicamente la tipologia di fondo si percepisce da come il piombo tocca il fondo (tenendo delicatamente la lenza tra le dita) e per trascinamento del piombo con la canna tenuta in orizzontale, recuperando lenza e muovendo la vetta lateralmente.
- Il piombo tocca il fondo in modo netto, viene verso di noi in maniera uniforme e senza resistenza: Si tratta probabilmente di un fondale duro privo di alghe importanti, erba o foglie morte.
- Il piombo tocca il fondo in modo dolce, viene verso di noi in maniera uniforme e con una certa resistenza: Si tratta di un fondale morbido. La resistenza può essere dovuta ad argilla (pochissima resistenza), sabbia (poca resistenza) oppure fango/limo (maggior resistenza, anche notevole).
- Il piombo tocca il fondo in modo dolce e viene verso di noi in maniera non uniforme: Si tratta di un fondale con presenza massiccia di alghe, erba o foglie morte (es. di posidonia). In questo caso il piombo sembra attaccarsi a tratti per poi liberarsi (scivolamento a saltelli ma senza incagliarsi mai del tutto). Alghe, erba e foglie non di rado rimangono sul filo e sul piombo indicando più chiaramente la costituzione del fondo.
- Il piombo tocca il fondo in modo netto e viene verso di noi in maniera non uniforme: Si tratta di un fondale ciottoloso e il piombo fa una serie di saltelli ad elevata frequenza senza che si avverta particolare resistenza (dipende dalla dimensione dei ciottoli).
E’ una questione di sensibilità e occhio (alla vetta), ma l’idea che ne deriva è sovente abbastanza affidabile.
Consiglio
Più rigida è la canna meglio si avvertono le caratteristiche del fondale per trascinamento del piombo. In questa fase è meglio applicare alla canna il quiver meno sensibile (es. strong).
3. L’esperienza
Per quanto si cerchi di descrivere a parole la sensazione che da un certo fondale ci sono molte variabili (percezione personale, tipo di filo, tipo di canna, tipo di piombo, ecc.) che possono influire sul suo riconoscimento. In altre parole, al di là delle linee guida generali, molto si basa sull’esperienza. Le prime volte conviene sondare fondali ben conosciuti se non addirittura visibili a vista come ad esempio il gradino di risacca di una spiaggia ciottolosa o sabbiosa (per capire qual’è la sensazione che da quel particolare tipo di fondale). Così facendo, di volta in volta, rendiamo più affidabile e accurata la nostra capacità di riconoscere la natura del fondo e saremo in grado di interpretarne le caratteristiche quando si affronteranno nuovi spot.
4. La precisione
Per concludere, che senso ha sondare e leggere il fondale se poi andiamo a lanciare in una zona diversa da quella che abbiamo ritenuto ideale? La precisione è dunque fondamentale, nel feeder senza ombra di dubbio ma sotto questo aspetto in qualsiasi disciplina di pesca a fondo. A volte la zona che abbiamo scelto per calare le nostre esche è ristretta e basta spostarsi di qualche metro per ottenere risultati anche molto diversi.
Anello elastico in bobina.
Serve dunque precisione sia nel sondare che, successivamente, nel pescare. Ne abbiamo già parlato e consigliato qualche metodo (line clip, anello elastico, nodo di stop, line marker). Indipendentemente da quale usiate l’importante è che non sottovalutiate questo aspetto: se volete ottenere i migliori risultati, niente può essere lasciato al caso. Poi la fortuna farà il suo corso, ma con il minor margine possibile.