Elba Fishing Blog
Pesca sportiva in mare e in acqua dolce. Tecniche, attrezzature, esperienze.

Le basi della pesca a feeder in mare

Tem­po di let­tu­ra: 13 minu­ti

Pri­ma di ini­zia­re con un arti­co­lo sicu­ra­men­te impe­gna­ti­vo è impor­tan­te sin da subi­to evi­ta­re ogni pos­si­bi­le con­fu­sio­ne tra la pesca a fee­der e la gene­ri­ca pesca a fon­do con il pastu­ra­to­re: la pri­ma ha i suoi prin­ci­pi, ben codi­fi­ca­ti, la secon­da no. La pesca a lege­ring in mare è poi essen­zial­men­te una pesca in acqua fer­ma, inten­den­do cioè che si è in assen­za di una cor­ren­te chia­ra­men­te indi­vi­dua­bi­le e con le carat­te­ri­sti­che di quel­la che si tro­va spes­so in fiu­me e nel trat­to di foce. Sono tol­le­ra­ti ovvia­men­te un cer­to gra­do (ridot­to) di onda, una mini­ma tur­bo­len­za o una debo­le cor­ren­te di fon­do ma, in gene­ra­le, si può par­la­re di “cal­ma”. Trat­tan­do­si di una disci­pli­na che pun­ta mol­to su pre­ci­sio­ne e sen­si­bi­li­tà non è adat­ta a mare for­ma­to e for­ti tur­bo­len­ze che da un lato com­pro­met­te­reb­be­ro la let­tu­ra del­le man­gia­te sul qui­ver e dal­l’al­tro impe­di­reb­be­ro di pastu­ra­re e pre­sen­ta­re l’esca in pastu­ra come si deve.

Attrezzatura e cura

Non vi sono par­ti­co­la­ri dif­fe­ren­ze tra le attrez­za­tu­re che uti­liz­zia­mo in acqua dol­ce e quel­le che dedi­chia­mo alla pesca in mare e rima­ne sostan­zial­men­te vali­do quan­to abbia­mo già scrit­to nel­l’arti­co­lo dedi­ca­to. La scel­ta del­la can­na e del muli­nel­lo dipen­do­no dal tipo di pesca che inten­dia­mo fare e dal tipo di spot, seguen­do sem­pre le rego­le gene­ra­li che riguar­da­no il tipo di approc­cio (light, medium, hea­vy), la distan­za (short, medium, long ran­ge) e l’al­tez­za del­la riva rispet­to al livel­lo del mare (bas­sa o alta).
Par­lan­do di acqua sala­ta va accen­na­to innan­zi­tut­to alla cura del­le attrez­za­tu­re in quan­to la vera dif­fe­ren­za tra mare e acqua dol­ce sta nel­l’ag­gres­sio­ne del­la sal­se­di­ne. A riguar­do riten­go che la scel­ta di una can­na e di un muli­nel­lo devo­no tener con­to pri­ma di tut­to del­le carat­te­ri­sti­che intrin­se­che piut­to­sto che del­la par­ti­co­la­re resi­sten­za offer­ta agli stress ambien­ta­li. In altre paro­le non esi­sto­no a mio modo di vede­re can­ne e muli­nel­li spe­ci­fi­ci per il mare fin­ché ne ave­te cura. Pesco da anni in acqua sala­ta con attrez­za­tu­re stu­dia­te per il fee­der in acqua dol­ce e non v’è trac­cia di ossi­da­zio­ni e cor­ro­sio­ni ed il moti­vo è sem­pli­cis­si­mo: le puli­sco e le pro­teg­go. E sta­te cer­ti che se non lo fate alla lun­ga cedo­no anche quel­le come pro­get­ta­te per il salt­wa­ter.

I prin­ci­pa­li pro­dot­ti uti­liz­za­ti per la cura e la manu­ten­zio­ne del­le attrez­za­tu­re.

Prodotti chimici cura e manutenzione

La cura ordi­na­ria pre­ve­de sem­pli­ci ope­ra­zio­ni di puli­zia ed uti­liz­zo di pro­dot­ti non aggres­si­vi, qua­li tipi­ca­men­te l’o­lio sili­co­ni­co e quel­lo di vasel­li­na. Pro­dot­ti come il CRC 6–66 (mari­ne) o il WD-40 (mul­ti­fun­zio­ne) andreb­be­ro uti­liz­za­ti solo in caso sia­no pre­sen­ti segni di ini­zia­ta ossidazione/corrosione su par­ti metal­li­che espo­ste. Il fine è infat­ti quel­lo di eli­mi­na­re lo spor­co e la sal­se­di­ne e pro­teg­ge­re dal­l’u­mi­di­tà, even­tual­men­te arre­stan­do pro­ces­si ossi­da­ti­vi ed impe­den­do­ne lo svi­lup­po. Sem­pre sen­za esa­ge­ra­re.
I resi­dui di spor­co van­no pri­ma rimos­si con un pen­nel­lo ed uno stuz­zi­ca­den­ti in legno. Non uti­liz­za­re aria com­pres­sa poi­ché vi è il rischio che lo spor­co si insi­nui più in pro­fon­di­tà.

Pulizia mulinello

Rimos­so lo spor­co (pol­ve­re, gra­nel­li di sab­bia, resi­dui di pastu­ra) si trat­ta sem­pli­ce­men­te di “lava­re” il muli­nel­lo, come gli anel­li del­le can­ne ed il mani­co in sughe­ro con un pan­no in micro­fi­bra inu­mi­di­to d’ac­qua. Gli anel­li si pos­so­no sciac­qua­re anche con un get­to d’ac­qua ma per il muli­nel­lo è più sicu­ro uti­liz­za­re il solo pan­no.

Pulizia mulinello
Pulizia canna

La vasel­li­na tec­ni­ca si appli­ca sul rul­li­no gui­da­fi­lo del muli­nel­lo il qua­le poi vie­ne fat­to ruo­ta­re con lo stuz­zi­ca­den­ti così che il lubri­fi­can­te pene­tri in pro­fon­di­tà e si pos­sa veri­fi­ca­re la per­fet­ta rota­zio­ne. Una spruz­za­ti­na leg­ge­ra va anche sul­la ruo­ta den­ta­ta e la par­te supe­rio­re del­l’al­be­ro.

Pulizia mulinello

Il resto è sili­co­ne spray che risul­ta alta­men­te pro­tet­ti­vo ma unge mol­to meno. Vie­ne spruz­za­to all’in­ter­no del­la bobi­na, sul­le par­te metal­li­che ester­ne del muli­nel­lo (es. viti, mano­vel­la e suoi ruo­ti­smi) e sugli anel­li del­la can­na. Ne basta pochis­si­mo ed un ecces­so può esse­re rimos­so con del­la comu­ne car­ta da cuci­na. Il sili­co­ne spray può esse­re uti­liz­za­to anche sul mani­co in sughe­ro del­la can­na ma giu­sto una vol­ta ogni tan­to, di soli­to una o due vol­te a sta­gio­ne.

Pulizia mulinello
Pulizia canna

La puli­zia con il pan­no inu­mi­di­to andreb­be effet­tua­ta dopo ogni usci­ta in mare. Sili­co­ne e vasel­li­na andreb­be­ro fat­ti segui­re alla puli­zia cir­ca ogni quat­tro pesca­te. Que­sto assi­cu­ra un’ot­ti­ma pro­te­zio­ne sen­za ecces­si di lubrificanti/protettivi ed è vera­men­te dif­fi­ci­le che si pre­sen­ti qual­che for­ma di ossidazione/corrosione. Se doves­se comun­que capi­ta­re, dopo la puli­zia gene­ra­le si può appli­ca­re sul­le par­ti espo­ste un pro­dot­to più aggres­si­vo come il CRC 6–66 o il WD-40. Per­so­nal­men­te pre­fe­ri­sco uti­liz­za­re un pen­nel­li­no imbe­vu­to nel pro­dot­to piut­to­sto che spruz­zar­lo (in modo da limi­tar­ne l’ap­pli­ca­zio­ne alla sola par­te inte­res­sa­ta).

Spot e fondali

Nono­stan­te la gran­de varia­bi­li­tà del­le nostre coste e la tipi­ci­tà di ogni spot cia­scu­no può esse­re inqua­dra­to secon­do uno sche­ma rela­ti­va­men­te sem­pli­ce che sug­ge­ri­sce poi le scel­te tec­ni­che più appro­pria­te.

  1. Altez­za del­la riva: quan­to vi tro­va­te in alto rispet­to alla super­fi­cie del­l’ac­qua con­di­zio­na la scel­ta del­la can­na poi­ché in gene­ra­le tan­to più alta è la riva tan­to più lun­ga dovrà esse­re appun­to la can­na.
  2. Pro­fon­di­tà del­l’ac­qua: A secon­da del­la pro­fon­di­tà si uti­liz­za­no pastu­ra­to­ri di peso diver­so (anche tipo­lo­gia, ma è un altro discor­so). In acqua mol­to bas­sa i fee­der devo­no esse­re mol­to leg­ge­ri ed una can­na trop­po poten­te non rie­sce a lan­ciar­li age­vol­men­te. In acqua pro­fon­da si uti­liz­za­no fee­der più pesan­ti e chia­ra­men­te la can­na deve poter­li gesti­re sen­za sfor­zi.
  3. Rag­gio di azio­ne: qui ci si rife­ri­sce alla distan­za da riva. In gene­re per la cor­ta distan­za si pre­fe­ri­sco­no can­ne cor­te e per il long ran­ge can­ne più lun­ghe. Varia anche la taglia dei muli­nel­li ovvia­men­te.

Chi è all’i­ni­zio o ha un bud­get limi­ta­to o anche pesca a legering/feeder sal­tua­ria­men­te di soli­to pos­sie­de una sola can­na. In que­sto caso la solu­zio­ne miglio­re è la via di mez­zo: 12 pie­di medium. Il che signi­fi­ca una can­na da cir­ca 3.60 m con un casting mas­si­mo di 90 gram­mi e tre qui­ver nel ran­ge 1–3 once (oz). Can­na che si abbi­na ad un muli­nel­lo di taglia 4000 imbo­bi­na­to con un filo da 8 lb (0.21–0.22). Que­ste sono can­ne che con­sen­to­no un’am­pia gam­ma di approc­ci in mare e più o meno rie­sco­no a copri­re un po’ tut­te le neces­si­tà pur pre­sen­tan­do alcu­ni limi­ti agli estre­mi (fee­der mol­to leg­ge­ro sul­la cor­ta distan­za e fee­der medio-pesan­te sul­la lun­ga).

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Caso uno: acqua e riva basse

Spot che in mare sono un po’ par­ti­co­la­ri. In gene­re si trat­ta di pic­co­le spiag­ge o sco­glie­re bas­se adia­cen­ti che si affac­cia­no su fon­da­li misti rela­ti­va­men­te poco pro­fon­di (mas­si­mo 2 metri). Anche la pesca poco oltre il gra­di­no di risac­ca di cer­te spiag­ge rien­tra in que­sta cate­go­ria. Non stia­mo ad elen­ca­re tut­te le pos­si­bi­li­tà ma il con­te­sto è ben descrit­to da due con­di­zio­ni carat­te­ri­sti­che:

  • Ci pos­sia­mo posi­zio­na­re in riva al mare e più o meno allo stes­so livel­lo (non trop­po rial­za­ti)
  • Pre­sen­za di pesce nel­la medio-cor­ta distan­za (non oltre i 50 metri)

Le can­ne idea­li sono le maneg­ge­vo­li 11 pie­di (cir­ca 3,30 m) abbi­na­te a muli­nel­li leg­ge­ri (3000 o 4000 a bobi­na non par­ti­co­lar­men­te gran­de) cari­ca­ti con un filo sul­le 7 lb (0.20–0.215 mm). Si mon­ta­no qui­ver da 1 e 1,5 oz. Quan­do si pesca così leg­ge­ri è richie­sta una con­di­zio­ne di cal­ma poi­ché un ven­to ecces­si­vo o un po’ d’on­da o risac­ca pro­vo­ca­no pro­ble­mi di let­tu­ra del­le man­gia­te (movi­men­ti inde­si­de­ra­ti del qui­ver).
L’ap­proc­cio clas­si­co pre­ve­de la rea­liz­za­zio­ne di un fon­do di pastu­ra su un area di cir­ca quat­tro metri qua­dra­ti tra­mi­te pastu­ra­to­ri leg­ge­ri ma di medie dimen­sio­ni. Dopo la rea­liz­za­zio­ne del fon­do si pas­sa a fee­der più pic­co­li (che sul bas­so fon­da­le pro­vo­ca­no meno distur­bo).

Riva bas­sa adia­cen­te ad una pic­co­la spiag­gia di bas­so fon­da­le. Anche a diver­se deci­ne di metri da riva la pro­fon­di­tà è ridot­ta. Le carat­te­ri­sti­che del fon­da­le e del­la zona (umi­da) fan­no di que­sto spot l’ha­bi­tat idea­le per spi­go­le e ora­te.

Mola riva bassa

Caso due: acqua e riva alte

Spot più clas­si­ci e nume­ro­si. Sono le sco­glie­re che si affac­cia­no su pro­fon­di­tà supe­rio­ri ai tre metri come anche le ban­chi­ne di por­ti. Anche qui non stia­mo a fare l’e­len­co ma rias­su­mia­mo il con­te­sto carat­te­ri­sti­co:

  • Ci si posi­zio­na in posi­zio­ne rial­za­ta rispet­to alla super­fi­cie mare.
  • Pre­sen­za di pesce nel­la medio-cor­ta distan­za (com­pre­so l’im­me­dia­to sot­to riva).

Qui occor­re por­ta­re con pre­ci­sio­ne la pastu­ra velo­ce­men­te sul fon­do. Tro­van­do­ci in posi­zio­ne rial­za­ta sono più uti­li can­ne lun­ghe, del­l’or­di­ne dei 12–13 pie­di cui si abbi­na­no muli­nel­li di taglia 4000 con len­ze madri fino alle 8 lb (0.22 mm). I qui­ver van­no da 1 a 2 oz e i pastu­ra­to­ri sono di peso medio-leg­ge­ro e tan­to più chiu­si quan­to mag­gio­re è la pro­fon­di­tà (per evi­ta­re trop­pa disper­sio­ne in cala­ta). Se si pesca con gli sfa­ri­na­ti (groun­bait) le gab­bie lascia­no il posto agli open-end supe­ra­ti i tre metri, se si pesca con il bigat­ti­no si uti­liz­za­no i clas­si­ci block-end, even­tual­men­te con qual­che pas­sa­ta di nastro iso­lan­te sui fori late­ra­li se c’è una cer­ta pro­fon­di­tà.

La sco­glie­ra natu­ra­le che si affac­cia su fon­da­li di discre­ta pro­fon­di­tà è il tipi­co spot da spa­ri­di, in par­ti­co­la­re sara­ghi e occhia­te. Anche l’o­ra­ta è una pre­da fre­quen­te, spe­cie se vi sono aree di fon­da­le misto.

Scogliera alta

Caso tre: media e lunga distanza

Qui non stia­mo tan­to a vede­re se la riva è bas­sa o alta in quan­to il fat­to­re da pren­de­re in con­si­de­ra­zio­ne è la distan­za di lan­cio (supe­rio­re ai 50 metri) e ciò impo­ne una can­na lun­ga, da 13 pie­di, con una buo­na schie­na ed un muli­nel­lo dal­la bobi­na gran­de e con discre­ta capa­ci­tà, qua­le un 5000. I qui­ver da mon­ta­re in mare van­no dal­le 2 alle 3 once (oz). Nel­la pesca su distan­ze mol­to lun­ghe in bobi­na oggi si pre­fe­ri­sce il trec­cia­to in quan­to garan­ti­sce rapi­di­tà di tra­smis­sio­ne net­ta­men­te supe­rio­re al nylon e dia­me­tro mol­to sot­ti­le rispet­to al cari­co di rot­tu­ra, cosa che chia­ra­men­te faci­li­ta il lan­cio e con­sen­te di gua­da­gna­re metri.

Trec­cia­to in bobi­na. Il dia­me­tro sot­ti­le garan­ti­sce lan­ci lun­ghi anche con fee­der di peso medio men­tre l’as­sen­za di ela­sti­ci­tà faci­li­ta la tra­smis­sio­ne del­le man­gia­te al qui­ver pur su distan­ze mol­to lun­ghe.

Trecciato long distance

Ovvia­men­te va inse­ri­to uno shock lea­der in nylon pari ad alme­no due vol­te la can­na (quin­di mini­mo 8 m). Più che “shock” lo defi­ni­rei solo “lea­der” dato che la sua fun­zio­ne non è tan­to quel­la di assor­bi­re lo shock del lan­cio ma di con­fe­ri­re ela­sti­ci­tà in fase di com­bat­ti­men­to con la pre­da e addi­rit­tu­ra rap­pre­sen­ta­re un seg­men­to più incli­ne a rom­per­si in caso di inca­glio o abra­sio­ne su strut­tu­re pro­fon­de. Quin­di nel fee­der in long distan­ce non è il caso di esa­ge­ra­re col dia­me­tro del lea­der (uno 0.25 mm si può con­si­de­ra­re un dia­me­tro mas­si­mo) anche per­ché il lan­cio, se ben fat­to, con­sen­te di rag­giun­ge­re distan­ze con­si­de­re­vo­li sen­za par­ti­co­la­re stress viste sia le carat­te­ri­sti­che del­la can­na che il filo sot­ti­le in bobi­na (il trec­cia­to gene­ral­men­te del­lo 0.10 o mas­si­mo 0.12 mm).

Nodo Alber­to per la giun­zio­ne tra trec­cia­to e lea­der in nylon. Una goc­cia di cia­noa­cri­la­to con­sen­te di for­ma­re una per­li­na sul nodo che ne faci­li­ta lo scor­ri­men­to e lo svol­gi­men­to del­le spi­re di filo duran­te il lan­cio.

Nodo shock leader trecciato

Per gli stes­si moti­vi non sono neces­sa­ri, sal­vo rare occa­sio­ni, nean­che fee­der di peso esa­ge­ra­to (quel­li si usa­no in fiu­me per con­tra­sta­re le cor­ren­ti, non per lan­cia­re lon­ta­no). Nel­la pesca in long ran­ge il fee­der giu­sto è quel­lo che con­sen­te di rag­giun­ge­re la distan­za desi­de­ra­ta e di tene­re il fon­do con il minor peso pos­si­bi­le. Vi sono ad oggi diver­se tipo­lo­gie di fee­der che han­no dal­la loro una par­ti­co­la­re aero­di­na­mi­ci­tà e qua­si tut­ti pre­sen­ta­no il piom­bo al polo basa­le, tal­vol­ta con alet­te dire­zio­na­li sul cor­po. Que­sti pastu­ra­to­ri han­no il van­tag­gio di faci­li­ta­re il lan­cio e in mare, dove non vi sono cor­ren­ti impor­tan­ti, pre­sen­ta­no una sta­bi­li­tà abba­stan­za buo­na. Ve ne sono anche altri che pur aven­do il piom­bo lun­go il cor­po garan­ti­sco­no una lan­cia­bi­li­tà discre­ta ed una sta­bi­li­tà anco­ra mag­gio­re. In sostan­za un approc­cio cor­ret­to al long ran­ge è frut­to di una giu­sta com­bi­na­zio­ne tra fee­der, can­na e filo in bobi­na.

Alcu­ne tipo­lo­gie di fee­der par­ti­co­lar­men­te adat­ti alla pesca a distan­za.

Distance feeders
Distance feeders
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La precisione

Che si trat­ti di mare o acqua dol­ce il segre­to del fee­der è la pastu­ra­zio­ne ed una pastu­ra­zio­ne è tan­to più effi­ca­ce quan­to più è con­cen­tra­ta in un’a­rea limi­ta­ta. Se l’a­rea è trop­po vasta si veri­fi­ca disper­sio­ne sia del­la pastu­ra, che quin­di attrae meno per un sem­pli­ce discor­so lega­to al rap­por­to quantità/volume d’ac­qua (o super­fi­cie di fon­da­le), sia dei pesci. Più sem­pli­ce­men­te occor­re lan­cia­re con la mas­si­ma pre­ci­sio­ne pos­si­bi­le sem­pre nel­lo stes­so pun­to.
I fee­de­ri­sti più “avan­za­ti” fan­no uso dei distan­ce stick, in pra­ti­ca dei pic­chet­ti che si pian­ta­no nel ter­re­no a distan­za pre­de­fi­ni­ta e intor­no ai qua­li vie­ne avvol­to il filo in bobi­na fino alla distan­za di lan­cio scel­ta. Otte­nu­ta la misu­ra, il filo vie­ne clip­pa­to in bobi­na e poi riav­vol­to nel muli­nel­lo. Ovvia­men­te in mare un’o­pe­ra­zio­ne simi­le si può svol­ge­re solo sul­la spiag­gia men­tre è impos­si­bi­le pian­ta­re pic­chet­ti sugli sco­gli o su una ban­chi­na. Ne vie­ne che i distan­ce stick non ven­go­no pra­ti­ca­men­te mai uti­liz­za­ti. Anche il clip­pag­gio del filo in bobi­na può ave­re i suoi con­tro in caso di par­ten­ze vio­len­te dato che può non esse­re sem­pli­cis­si­mo libe­ra­re il filo per ceder­lo al pesce. Tra i tan­ti meto­di alter­na­ti­vi all’u­so del­la clip sul­la bobi­na for­se l’a­nel­lo ela­sti­co è quel­lo che offre il com­pro­mes­so miglio­re.

Un anel­lo ela­sti­co di 6–10 mm rica­va­to da una came­ra d’a­ria di bici­clet­ta rap­pre­sen­ta un otti­mo siste­ma di clip­pag­gio in quan­to con­sen­te comun­que di cede­re filo con la fri­zio­ne.

Precisione feeder clippaccio elastico

Si trat­ta di taglia­re un anel­lo di 6–10 mm da una came­ra d’a­ria di bici­clet­ta e di appli­car­lo sul filo in bobi­na a fine lan­cio. Se abba­stan­za stret­to la pre­sen­za del­l’a­nel­lo è suf­fi­cien­te a bloc­ca­re il filo duran­te il lan­cio suc­ces­si­vo (si fis­sa così la distan­za) sen­za tut­ta­via pro­vo­car­ne par­ti­co­la­re stress (è di gom­ma) e con­sen­ten­do lo svol­gi­men­to del­lo stes­so duran­te la rota­zio­ne del­la bobi­na (ces­sio­ne del filo con la fri­zio­ne). Può esse­re uti­le abbi­nar­vi un nodo di stop (come quel­li che si usa­no nel­la pesca con il gal­leg­gian­te scor­re­vo­le) così in caso che sia sta­to cedu­to del filo duran­te il com­bat­ti­men­to con il pesce è faci­le ripo­si­zio­na­re l’a­nel­lo ela­sti­co nel­lo stes­so pun­to di pri­ma.

Il nodo di stop aiu­ta a reset­ta­re la distan­za di pesca nel caso sia sta­to con­ces­so del filo al pesce. Al lan­cio suc­ces­si­vo basta infat­ti recu­pe­ra­re fino al nodo e appli­ca­re nuo­va­men­te l’a­nel­lo in gom­ma.

Nodo di stop feeder long distance

Montature, esche e pasture

È com­pren­si­bi­le che un solo para­gra­fo non pos­sa scen­de­re nel det­ta­glio di un argo­men­to così vasto quin­di occor­re al momen­to limi­tar­si solo ad alcu­ne con­si­de­ra­zio­ni gene­ra­li. Le mon­ta­tu­re sono quel­le clas­si­che del fee­der che abbia­mo già pre­sen­ta­to: run­ning rig e pater­no­ster.

Sche­ma sem­pli­fi­ca­to di free run­ning rig.

Running rig semplice

In mare le dif­fe­ren­ze tra pater­no­ster e run­ning rig sono abba­stan­za atte­nua­te men­tre si fan­no mol­to più evi­den­ti in cor­ren­te (fiu­me e trat­to di foce). Per que­sta ragio­ne una vol­ta “poten­zia­to” il run­ning rig con un set­to­re anti­tan­gle (anti­gro­vi­glio) se ne può sug­ge­ri­re l’u­so in ogni situa­zio­ne, com­pre­sa la pesca in long ran­ge.
Vedia­mo­ne dun­que una varian­te leg­ger­men­te più ela­bo­ra­ta. Le carat­te­ri­sti­che:

  • Girel­la con moschet­to­ne di attac­co al fee­der con anel­lo abba­stan­za ampio: assi­cu­ra che la len­za pos­sa scor­re­re facil­men­te.
  • Dop­pio siste­ma di stop in gom­ma: miglio­ra la fun­zio­ne sal­va­no­do e ren­de il siste­ma di stop meno incli­ne a sci­vo­la­re in bas­so.
  • Bril­la­tu­ra anti­tan­gle: clas­si­ca bril­la­tu­ra del­la len­za madre la cui lun­ghez­za deve esse­re alme­no due vol­te quel­la del fee­der.
  • Girel­la quick chan­ge: è inclu­sa nel­l’a­so­la del­la bril­la­tu­ra e con­sen­te di sosti­tui­re rapi­da­men­te il ter­mi­na­le.

Il run­ning rig con bril­la­tu­ra anti­tan­gle.

Running Rig

Tra gli innu­me­re­vo­li approc­ci in mare se ne pos­so­no indi­ca­re alme­no due mol­to clas­si­ci: pesca con il bigat­ti­no come esca e pastu­ra e la pesca con gli sfa­ri­na­ti (ground­bai­ts). L’ap­proc­cio con il solo bigat­ti­no pre­ve­de l’u­so di fee­der di tipo block-end che ven­go­no cari­ca­ti con lar­ve sfu­se. Su pro­fon­di­tà impor­tan­ti si può ral­len­ta­re la fuo­riu­sci­ta del­le lar­ve dal pastu­ra­to­re duran­te la cala­ta ridu­cen­do il nume­ro di fori (qual­che pas­sa­ta di nastro iso­lan­te intor­no al fee­der) oppu­re ricor­ren­do all’in­col­lag­gio dei bigat­ti­ni. L’e­sca è ovvia­men­te il bigat­ti­no che può esse­re appun­ta­to sin­go­lo, in cop­pia o a ciuf­fet­to.

Fee­ders block-end. A sini­stra un model­lo da long ran­ge.

Feeder block-end

Il bigat­ti­no è un’e­sca uni­ver­sa­le e asso­lu­ta­men­te non selet­ti­va. Altro aspet­to da con­si­de­ra­re è che vie­ne inne­sca­to su ami di ridot­te dimen­sio­ni e quin­di adat­ti ad ogni tipo di pesce, da quel­lo di taglia mag­gio­re a quel­lo di taglia mol­to pic­co­la. Va poi aggiun­to che la rispo­sta alle lar­ve come uni­ca for­ma di pastu­ra è in gene­re più len­ta rispet­to agli sfa­ri­na­ti per il sem­pli­ce fat­to che l’at­tra­zio­ne è pre­va­len­te­men­te visi­va. Que­sto deve far riflet­te­re sul­la pos­si­bi­li­tà, alme­no in inver­no o in pre­sen­za di una lumi­no­si­tà ambien­ta­le for­te­men­te ridot­ta, di abbi­nar­lo quan­to­me­no nel­le fasi ini­zia­li del­la ses­sio­ne ad una pastu­ra­zio­ne mista. Que­sta si può effet­tua­re o pastu­ran­do pre­ven­ti­va­men­te con soli sfa­ri­na­ti tra­mi­te fee­der open-end (in pra­ti­ca pre­pa­ran­do un fon­do) oppu­re intro­du­cen­do nel block-end una quo­ta di sfa­ri­na­to insie­me ai bigat­ti­ni. Poi una vol­ta con­cen­tra­ti i pesci si può pro­se­gui­re con i soli bigat­ti­ni.

Il sara­go mag­gio­re è una spe­cie con habi­tat vasto rap­pre­sen­tan­do per­tan­to una pre­da comu­ne a mol­te tipo­lo­gie di spot, dal­la sco­glie­ra, alla spiag­gia, all’a­rea por­tua­le.

Sarago Maggiore

L’ap­proc­cio con i soli sfa­ri­na­ti in pastu­ra pre­ve­de l’u­so di pastu­ra­to­ri diver­si, gli open-end (pro­pria­men­te det­ti o a gab­bia). Qui biso­gna con­si­de­ra­re che tan­to più un pastu­ra­to­re è “aper­to”, tan­to più velo­ce­men­te si idra­ta e rila­scia pastu­ra dun­que la scel­ta del fee­der deve tene­re in con­si­de­ra­zio­ne sostan­zial­men­te la pro­fon­di­tà di pesca: sui bas­si fon­da­li si uti­liz­za­no i pastu­ra­to­ri a gab­bia (cage fee­ders), su fon­da­li pro­fon­di con­vie­ne opta­re per for­me con meno aper­tu­re late­ra­li.

Fee­ders open-end con più o meno aper­tu­re. A destra due clas­si­ci cage-fee­der in metal­lo e pla­sti­ca.

Open end cage feeder

Esi­sto­no cen­ti­na­ia di pastu­re uti­liz­za­bi­li in mare, com­pre­so un vasto ran­ge di pro­dot­ti spe­ci­fi­ci per l’ac­qua dol­ce. Il moti­vo di tale sovrap­po­si­zio­ne (vale infat­ti anche l’op­po­sto) sta negli ingre­dien­ti di base che spes­so sono for­mag­gio, pane e fari­na di pesce o gam­be­ro. Det­to que­sto in mare se ne usa­no essen­zial­men­te due: la bian­ca al for­mag­gio e la scu­rafon­do mare” con fari­na di pesce a vol­te indi­ca­te come “cefa­lo bian­ca” e “sara­go e ora­ta” (per citar­ne alcu­ne). Que­ste pastu­re sono per lo più mesco­la­te a sec­co in quo­ta del 50% cia­scu­na e poi idra­ta­te fino ad otte­ne­re la con­si­sten­za desi­de­ra­ta. Le esche, quan­do si pesca con gli sfa­ri­na­ti, sono del­le più varie. Si pos­so­no uti­liz­za­re anco­ra i bigat­ti­ni ma in gene­re si opta per altro. Per­so­nal­men­te tro­vo gli anel­li­di di scar­sa uti­li­tà in quan­to in mare sono sog­get­ti ad un con­su­mo deci­sa­men­te note­vo­le. Discor­so diver­so in foce dove le spe­cie itti­che ten­do­no a ridur­si per lo più ai cefa­li, alle ora­te e alle spi­go­le e quin­di gli anel­li­di acqui­si­sco­no una sor­ta di “spe­ci­fi­ci­tà d’am­bien­te”. Altre esche in mare han­no pari effi­ca­cia, sono più eco­no­mi­che ed han­no mag­gior dura­ta (con­ser­va­zio­ne) il che le ren­de, alme­no per me, di gran lun­ga pre­fe­ri­bi­li.

L’o­ra­ta ha un habi­tat par­zial­men­te sovrap­po­ni­bi­le a quel­lo del sara­go ma abi­tu­di­ni deci­sa­men­te diver­se. Rap­pre­sen­ta comun­que una pre­da mol­to fre­quen­te nel­la pesca a fee­der in mare.

Orata feeder

Tra le esche bian­che di una cer­ta con­si­sten­za e par­ti­co­lar­men­te ver­sa­ti­li nel­la rea­liz­za­zio­ne di un nutri­to nume­ro di inne­schi diver­si il pri­mo posto spet­ta al man­tel­lo di tota­no o cala­ma­ro. Più mor­bi­do ma non meno effi­ca­ce è il pet­to di pol­lo cru­do, gra­di­to pra­ti­ca­men­te a tut­te le spe­cie. Ecce­zio­na­li, alme­no per quel­la che è la mia espe­rien­za, sono poi i vari pel­le­ts alla fari­na di pesce e al krill (pic­co­li cro­sta­cei ocea­ni­ci). Mol­te altre esche svol­go­no infi­ne un ruo­lo nel­la pesca a fee­der in mare ed avre­mo modo di pren­der­le in con­si­de­ra­zio­ne più avan­ti foca­liz­zan­do­ci nei det­ta­gli di ogni sin­go­lo approc­cio.

2 commenti su “Le basi della pesca a feeder in mare”

    • Ciao Reno, gene­ral­men­te uso i ter­mi­ni ingle­si lad­do­ve sia­no più comu­ni del cor­ri­spet­ti­vo ita­lia­no o si rife­ri­sca­no a pro­dot­ti d’ol­tre­ma­ni­ca che uso o con­si­glio. Più o meno mi rego­lo così 😉

      Fran­co

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