I bigattini sono un’esca che ogni pesce ha imparato a riconoscere come straordinaria fonte di nutrimento ed a buona ragione è una tra le esche più utilizzate in assoluto sia in mare che in acqua dolce. Molti pescatori ritengono che la vitalità delle larve sia una caratteristica fondamentale nell’attrarre i pesci e sicuramente in molti casi è così tuttavia dobbiamo soffermarci su un aspetto: i pesci si nutrono anche delle larve morte, quelle cioè che sono annegate poiché non sono state consumate nell’immediato. Succede continuamente sul letto di pastura e addirittura può capitare che un grufolatore sospettoso preferisca le larve ferme piuttosto che quella scodinzolante che abbiamo appuntato con tanta meticolosità sull’amo. Senza dilungarci più del dovuto, in questa introduzione va infine sottolineato come il bigattino morto rappresenti una tra i capitoli più importanti della letteratura alieutica e dunque un’esca immancabile nel patrimonio del pescatore sportivo.
Alcune specie mostrano una particolare predilezione per gli inneschi a bigattini morti. Qui una carpa.
Bigattini freschi
I bigattini freschi (giovani) sono caratterizzati da estrema vivacità e dalla presenza della macchia nera dorsale, indice di pasto recente. La cuticola è biancastra, relativamente sottile e risultano piuttosto morbidi sia al tatto che all’innesco. Dai bigattini freschi si ottengono quindi dei corrispondenti morti molto chiari e morbidi. I bigattini freschi si possono lavare con il latte fino a renderli quasi bianchi e se ne può ottenere una tipologia galleggiante. I morti potranno essere quindi:
- Colore: bianco-giallastro (normali) o bianco (lavati)
- Tipologia: gonfi (normali) o stirati (allungati)
- Consistenza: morbida
- Galleggiabilità: affondanti (normali) o galleggianti
Bigattini vecchi
I bigattini vecchi ingialliscono, si muovono meno vivacemente, hanno perso la macchia nera dorsale e presentano una cuticola molto più spessa (stanno andando verso lo stadio di pupa). Si tratta di larve che da vive tengono particolarmente bene l’innesco proprio per il loro essere più dure. Per ottenere un buon bigattino invecchiato si prolunga la sua permanenza in frigo ad una temperatura che blocchi la trasformazione in pupa pur mantenendo la vitalità. I corrispondenti morti potranno essere:
- Colore: giallastro
- Tipologia: gonfi (normali) o stirati (allungati)
- Consistenza: dura
- Galleggiabilità: affondanti (normali) o galleggianti
Di base dunque la differenza con i morti ottenuti dai freschi sta nel colore e nella consistenza. A volte hanno la stessa resa, altre volte uno è preferibile all’altro.
Bigattini colorati
Qui si apre la discussione sul fatto che i pesci vedano i colori, se questi ad una certa profondità vengano avvertiti come in superficie e via dicendo. Al di là di ogni considerazione i bigattini colorati non mancano mai nel porta-esca del pescatore più smaliziato ed il colore più utilizzato è il rosso. Se in acqua dolce, dove esistono esche naturali di colore rosso come il ver de vase (larva di chironomo o bloodworm), un bigattino dello stesso colore può rappresentare un motivo in più per attaccare l’innesco (parliamo di carpe, breme, carassi e altri ciprinidi), in mare francamente la situazione è molto più confusa e per lo più non si registrano differenze significative con il bianco che, addirittura, sembra funzionare meglio.
- Colore: rosso, arancione o giallo (esistono anche altri colori ma si trovano con molta difficoltà)
- Tipologia: gonfi (normali) o stirati (allungati)
- Consistenza: morbida o dura a seconda dell’età
- Galleggiabilità: affondanti (normali) o galleggianti
Come preparare i bigattini morti
Esistono diversi metodi ma in assoluto il più utilizzato è tramite congelamento. Il che è anche comodo visto che una volta congelati possiamo prenderne la quantità che ci serve in qualsiasi momento e lasciare nel freezer gli altri.
Andremo dunque a congelare i bigattini vivi della tipologia che ci interessa: freschi, vecchi, gonfi, stirati, affondanti o galleggianti. Quale che sia il tipo di bigattino lo si prepara prima (mentre è vivo) e poi lo andiamo a congelare in buste di plastica sottovuoto (fatto a mano).
Indipendentemente dal tipo di bigattino è sempre bene setacciare le larve accuratamente così da ottenere un congelato pulito e privo di larve già morte. A tale scopo si utilizzano due setacci, uno fine (1 mm) ed uno a maglie più grandi (3–5 mm).
Setaccio da giardino con maglie da 5 mm. Si noti come alcune larve già morte sono rimaste all’interno del setaccio: vanno eliminate.
Ognuno può utilizzare i setacci che vuole. Io trovo particolarmente comodi ed economici quelli verdi da giardino, dato che non seleziono mai quantità enormi di bigattini e che questi setacci hanno un diametro perfetto per i miei recipienti. Quale sia il setaccio occorre far attenzione alla dimensione delle maglie. Le maglie da 5 mm consentono una selezione molto rapida ma può accadere che qualche larva già morta venga fatta cadere nel recipiente da quelle vive in movimento: selezione veloce ma da ripetere più volte. Le maglie da 3 mm operano una selezione più lenta (perché le larve vive devono infilarcisi a forza) ma più accurata. A voi la scelta.
Contenitore a rete per bigattini con maglie da 1 mm.
Analogamente come setaccio fine potete utilizzare ciò che preferite. Una soluzione comoda è usare uno di quei contenitori a rete che nascono proprio per i bigattini: sono specifici e le larve bagnate non risalgono: ma va bene qualsiasi setaccio basta che le maglie siano di 1 mm poiché deve poter uscire bene l’acqua e devono poter uscire bene farine anche grossolane (come quella di mais cruda).
Prima di procedere con la preparazione dei bigattini morti le larve devono dunque essere selezionate con il setaccio a maglia grossa (si eliminano quelle già morte) e poi con quello a maglia fine (escrementi e polveri varie). Poi si può procedere come segue:
1. Lavaggio con il latte (opzionale)
Solo per bigattini freschi e nel caso si vogliano ottenere larve molto bianche. In questo caso copriamo le larve con il latte e le agitiamo per un paio di minuti. Il latte diventa scuro. È importante che i bigattini non stiano immersi troppo a lungo poiché altrimenti pian piano diventano galleggianti (vedi dopo). Trascorsi i due minuti le larve vengono asciugate con il setaccio fine, che elimina tutto il liquido in eccesso, poi poste in una bacinella con farina di mais cruda, quanto basta (quantità e tempo) per farli asciugare completamente. Quando sia le larve che la farina sono asciutte i bigattini vanno di nuovo setacciati (per eliminare la farina) e possono essere congelati.
2. Bigattini gonfi
Sono bigattini congelati nel pieno della loro vitalità (che siano freschi o vecchi), cioè quando si muovono (non sono cioè in fase di morte apparente). Otteniamo quindi una larva congelata di grandezza e consistenza quasi pari al vivo; la differenza più evidente è che chiaramente quelli morti non si muovono più. La maggior parte sono di tipo affondante ma può capitare che si formi anche qualche larva galleggiante, specie se prima sono stati sottoposti a lavaggio.
Classico aspetto del bigattino morto gonfio. Appare “corto” (nel senso di contratto, non allungato) e turgido.
3. Bigattini stirati (allungati)
Sono bigattini congelati in fase di morte apparente, cioè quando si non si muovono e appaiono morbidi e allungati. Si ottengono tenendoli in frigo senza aria e a bassa temperatura. Quando notiamo che hanno smesso di muoversi e sembrano morti possiamo passarli direttamente nel congelatore. Sono un’esca per pesci dalla mangiata delicata che amano le larve più morbide come le piccole breme e alcune specie di cefali.
Bigattini in fase di morte apparente (ancora vivi) dopo passaggio in frigo e in carenza d’aria (sottovuoto fatto a mano in sacchetto di plastica). Le larve sono allungate, molto morbide, di consistenza molle e non si muovono. Se lasciate all’aria riprenderanno vitalità nel giro di qualche ora. Li congeliamo direttamente prima che si riprendano.
4. Bigattini galeggianti
Si ottengono coprendo le larve vive (non in morte apparente) con un velo d’acqua o di latte (se si desidera un effetto sbiancante) per un tempo abbastanza lungo. Conviene utilizzare un contenitore con chiusura in quanto le larve bagnate sono in grado di risalire quasi ogni superficie e potrebbero uscire; è inoltre preferibile che il contenitore sia trasparente così da osservare se alcune larve escono dall’acqua (nel qual caso basta agitare il recipiente per farle immergere di nuovo).
Il tempo necessario a rendere le larve galleggianti varia a seconda del liquido utilizzato ed è più breve se si usa acqua gassata rispetto all’acqua normale o al latte. Può essere necessaria anche più di un’ora perché tutte le larve siano in grado di galleggiare; potete comunque testarle prelevandone alcune e immergendole in un bicchiere d’acqua. Quando tutti i bigattini sono pronti si asciugano nel setaccio fine e poi si congelano. Dato che vengono usati come esca consiglio di congelarli in piccole unità (circa una manciata per sacchetto) in modo da poter scongelare di volta in volta solo quanto necessario.
Due biggattini morti gallegianti riescono a sollevare il piccolo amo su cui sono stati appuntati.
Quando e perché usare i bigattini morti
Prima di elencare tutti i pregi è forse meglio sottolineare il principale difetto: essendo morti non sono graditi a pesci che ne vengono attratti per l’estrema vitalità e le vibrazioni emesse nel mezzo acquoso. Abbastanza ovvio, ma doveroso. Si potrebbero citare cavedani e spigole insidiati a galla, due pesci diversi ma che hanno alcuni aspetti in comune quando si parla di pesca con il bigattino. Se andiamo sui grufolatori o parliamo di pesci meno attenti alla vitalità e abituati a cibarsi con minor selezione verso questo aspetto il discorso cambia radicalmente.
Altro punto importante riguarda la corrispondenza con la pastura: se pasturiamo con i bigattini morti ha senso anche innescarli poiché il pesce che ha scelto di cibarsene non troverà differenza con quelli appuntati sull’amo. Ultimo ma non meno rilevante è il comportamento in corrente; i bigattini morti gonfi (di forma e consistenza pressoché identici ai vivi) quando entrano in scia e vengono velocemente portati via da una corrente di fondo abbastanza intensa passano rapidamente davanti alla bocca del pesce che non ha molto tempo per decidere sulla loro vitalità: è un prendere o lasciare! È capitato di catturare anche spigole a feeder in condizioni ideali, quelle cioè che tendono ad annullare la percezione del “vivo o morto” (in questo specifico caso basso fondale con corrente di fondo abbastanza spinta).
Andiamo ad elencare ora i pregi:
- I bigattini morti non rompono la pastura: possono essere inseriti in bocce di sfarinati (fino ad un rapporto massimo di 2:1 a favore dello sfarinato e solo se rappresentano l’unico elemento slegante) o far parte di pasture miste nei feeder open-end senza che l’impasto ne risenta.
- I bigattini morti non si nascondono: a differenza di quelli vivi che tendono a camminare, scivolare (in caso di pendenze), insabbiarsi o “nascondersi” sotto il limo e sassi, i bigattini morti tendono a rimanere sul posto e più in superficie (in quanto un po’ più leggeri).
- I bigattini morti sono più teneri: in particolare quelli freschi e stirati ma un po’ tutti a parità del vivo corrispondente. Alcuni pesci sembrano trovarli particolarmente graditi per questa loro proprietà (cefali, breme, carassi, carpe).
- I bigattini morti sono più frequenti in natura: i bigattini non nascono in acqua ma vengono introdotti dai pescatori e parlare di “natura” è un po’ eccessivo. Può accadere che provengano da qualche animale morto in prossimità della riva ma statisticamente è un evento raro e quindi irrilevante. Essendo tuttavia l’esca più utilizzata in assoluto ne vengono introdotte nelle nostre acque in notevoli quantità quando vengono gettati come rimanenza da pescatori o rivenditori perché non più utilizzabili.
- I bigattini morti sono meno graditi alla minutaglia: vero, come è tuttavia vero che alcuni pesci (es. alborelle) fanno strage di tutto ciò che entra in acqua e può essere convertito in nutrimento. Però un certo grado di selezione sembra esserci.
- I bigattini morti sono un’esca economica e sempre disponibile: che possano piacervi o meno, averne un certo quantitativo nel freezer rappresenta sempre una grande opportunità, oltre ad un risparmio (o meglio un’ottimizzazione dei costi) poiché se a fine sessione gettate via le esche, quelle effettivamente utilizzate le avete pagate più care! Se invece avete modo di riutilizzarle è tutta un’altra storia.
Come usare i bigattini morti
Molto semplicemente, prima di utilizzare i bigattini dobbiamo scongelarli in acqua a temperatura ambiente. Il tempo necessario dipende dalla quantità di larve che intendiamo usare. Per una sessione di pesca normale è sufficiente metterli in acqua la mattina stessa e nel tempo che facciamo colazione e ci prepariamo le larve hanno già perso rigidità. Prima di uscire li inseriamo nel contenitore di trasporto (chiusura ermetica) con nuova acqua fresca a temperatura ambiente e quando siamo sul luogo di pesca sono già pronti per l’uso. Per tutta la sessione vanno mantenuti immersi così che possano mantenere le loro caratteristiche (colore e consistenza).
Sfarinato (groundbait), micropellets e bigattini morti (mix galleggianti e affondanti).
Molti consigliano di utilizzare l’acqua del posto poiché quella potabile spesso contiene cloro che potrebbe alterare il gusto del bigattino. Ci penso spesso, specie quando leggo l’annuario ARPAT e scorro la lista di tutte le sostanze presenti nel fiume. A mio modo di vedere non c’è differenza ma se siete attenti a questo particolare bagnateli sullo spot o utilizzate l’acqua in bottiglia, che è più neutra (come sapore) di quella di molti rubinetti.
1. Pesca al colpo
I bigattini morti affondano più lentamente di quelli vivi (salvo che siano galleggianti) ed alcuni pescatori li utilizzano sfusi nella pesca al colpo in calata benché la lanciabilità a fionda sia fortemente compromessa. Non è il mio caso. Li ho testati qualche volta (quelli gonfi) nella pesca a trattenuta bloccata e nonostante qualche spigolotta sia caduta nell’inganno (quelle giovani spesso non vanno troppo per il sottile) non vi è alcuna ragione di preferirli ai vivi in questa tecnica, se non per disperazione. Parlando sempre di pesca al colpo hanno un ruolo importante nella pesca a breme, carpe e carassi quando associati ad una pasturazione da fondo, fatta con bocce di pastura e larve morte, presentando poi l’esca a quel livello. Nel mio caso, frequentando l’alto tratto di foce, li trovo particolarmente efficaci nell’approccio marginale a carpe e channel in corrente lenta o quasi assente: in queste condizioni si pesca direttamente sulla pastura ed un ciuffetto di bigattini morti presentato over-depth (leggermente poggiato sul fondo) di rado viene ignorato se i pesci entrano.
2. Feeder
Se da un certo punto di vista il bigattino morto nella pesca al colpo ha in sé un uso abbastanza tecnico (parliamo di rbs, pesca all’inglese, dosaggio accurato degli ingredienti nelle bocce di pastura e via dicendo) nel feeder rientra comunemente tra gli elementi che possono essere veicolati all’interno dei pasturatori open-end senza problemi. Il tipo di pasturatore è importante. Pretendere (come è capitato di leggere) che un bigattino morto possa uscire agevolmente dai fori di un block-end è abbastanza azzardato. Può capitare che qualche larva esca, specie se i fori sono di grandi dimensioni e si pesca in corrente ma per lo più le larve vengono perse durante il recupero quando, per via della turbolenza che si genera nel feeder, il moto vorticoso ne facilita l’uscita (vanificando peraltro la pasturazione).
I pasturatori più adatti sono appunto quelli aperti ai due poli (open-end classici e cage feeders) e quelli dotati di una sola ampia apertura laterale o polare (window feeder, domed feeder e pellet feeder). Se non ne avete a disposizione potete ricavarli facilmente a partire dai diffusi block-end (di qualsiasi tipo) semplicemente eliminando uno o entrambi i poli.
Preston Clik Cap Feeder al quale è stato tagliato il polo in coda.
Vari pasturatori “aperti” tra cui un block-end al quale sono stati eliminati entrambi i poli.
Fermo restando il concetto generale che il pasturatore “aperto” permette la fuoriuscita delle particelle più grossolane (piccoli pellets, bigattini morti, ecc.) a seconda del pasturatore dovremo saperlo riempire in modo tale che la fuoriuscita avvenga nei tempi giusti e, soprattutto, nel punto in cui si deposita sul fondo (e non durante il recupero). Qui sta a voi testare i vari mix di pastura (che comprendono sempre uno sfarinato che fa da tappo e collante) e calibrare la giusta compressione.
Caricamento “a sandwich” di bigattini morti sfusi in feeder oval block-end privato dei due poli (analogo ad un open-end ma più schiacciato). Sul fondale i due tappi di pastura si dissolvono mentre la corrente di fondo fa uscire le larve. A seconda dell’intensità della corrente vi si associano diverse lunghezze del terminale. In genere nella pesca alle carpe le zone sono a corrente molto lenta e dunque è preferibile usare finali piuttosto corti. In caso di acqua ferma, dopo qualche minuto, è consigliabile tirare il pasturatore indietro di circa un palmo così da assicurarsi che tutte le larve siano uscite e che l’amo innescato (per le carpe “a ciuffetto”) si collochi proprio dove sono concentrati i bigattini fuoriusci dal feeder.
3. Inneschi
L’innesco dei bigattini morti, specie se sono quelli gonfi, non differisce da quello del bigattino vivo se non per il fatto che sul fondo la larva non si muove. Valgono dunque tutte le opzioni già descritte nell’articolo dedicato. Trattandosi tuttavia di una pesca pressoché indirizzata ai grufolatori e di una certa taglia l’innesco a ciuffetto va per la maggiore: due bigattini su amo piccolo per le prede di taglia minore e nella pesca al colpo, un nutrito ciuffetto di più bigattini su amo più grande per le prede più grosse, sia nella pesca al colpo (es. approccio marginale alle carpe) che soprattutto nella pesca a fondo (legering e feeder).
Una particolare cura va riservata ai bigattini galleggianti. In questo caso l’innesco deve essere assolutamente preciso e in punti di maggior spessore della cuticola così da non compromettere l’integrità della larva. Consiglio ami piccoli a filo sottile, meglio se privi di ardiglione (barbless) e di appuntare la larva o sull’orletto posteriore (sotto gli spiracoli posteriori) oppure appena sottopelle in bocca.
4. Montature
Non esistono montature da bigattini morti: le montature sono le stesse che utilizziamo per quelli vivi. Se pescando a feeder abbiamo il problema del fondale molle e per quel motivo optiamo per larve che non possano nascondersi al suo interno, oltre al bigattino morto come esca è utile abbinarvi un rig ad elicottero. In realtà io lo preferisco quasi sempre, indipendentemente dal tipo di fondale, dalla distanza di pesca o dalla presenza o meno di corrente. Ma non stiamo qui a tessere le lodi di una montatura di cui abbiamo già parlato. Valide alternative sono il paternoster e il running rig (meglio se con feederlink). In ogni caso, se utilizzate i bigattini galleggianti per insidiare in corrente prede astute come spigole e cavedani, ma anche orate nel tratto di foce, è opportuno che il finale sia molto lungo, sottile e l’amo decisamente piccolo. Questo perché la galleggiabilità “naturale” di un bigattino, così come lo abbiamo prodotto, è decisamente ridotta e basta un niente per farlo affondare (pur rimanendo comunque molto leggero). Inneschi pop-up a base di bigattini morti con ami generosi per grosse prede (es. carpe e channel) richiedono sempre un aiuto, che sia un pezzetto di boilie, un nugget o un wafter e, chiaramente, devono essere testati prima di lanciarli per verificarne la galleggibilità o meglio l’equilibrio. Come vedete non consiglio materiali inquinanti quindi state lontani da polistirolo o quant’altro non sia biodegradabile: esistono alternative, quindi usatele.
Si possono utilizzare i bigattini morti in mare?
Il bigattino morto è una tipica esca d’acqua dolce da utilizzare quando le condizioni e il tipo di approccio lo richiedono. Vero. Ciò non significa — e sarebbe sbagliato trarre una simile conclusione — che in mare non abbia alcun ruolo. In realtà, quando le condizioni e le necessità sono simili (non stiamo a ripeterle) il bigattino morto è efficace anche in acqua salata. Vi sarà capitata sicuramente una giornata in cui i pesci non mangiano e sappiamo che per abitudine (sbagliata secondo me, ma questo è un altro discorso) in genere chi pesca a feeder in mare ha delle permanenze della lenza in acqua molto lunghe. Specie in inverno il bigattino in acqua smette di muoversi precocemente e se si allungano i tempi di calata ciò che abbiamo sull’amo, dopo un po’, non è altro che l’equivalente di un bigattino morto. È una morte apparente ma il pesce non è un medico legale! E vi sarà capitato, ormai scoraggiati e rassegnti al cappotto, di veder improvvisamente partire la canna e, mi auguro, di portare a riva una bella orata o un bel sarago. Ebbene quel pesce ha mangiato su un letto di pastura di bigattini morti per poi cedere al vostro bigattino morto innescato.
La domanda ha dunque la sua risposta. I bigattini morti sono molto validi anche in mare nella pesca ai grufolatori. Non sono migliori o peggiori di quelli vivi, sono semplicemente più o meno adatti a seconda delle circostanze.
Buonasera,
pescando in mare ed usando i bigattini morti come pastura sarebbe utile innescarne un paio vivi?
Ciao Adriano,
In genere quando si pastura con il morto si pesca anche con il morto poiché il pesce non dovrebbe notare differenze, che non riguardano solo la mobilità ma anche la consistenza ed altre caratteristiche che differenziano la larva viva da quella morta. Questo in linea di principio. Poi nulla vieta di fare anche diversamente. Vi sono pesci molto diffidenti ed altri meno, pesci che preferiscono la larva viva (un esempio su tutti la spigola), altri che mangiano meglio su quella morta (es. i cefali) ed altri ancora che non sono particolarmente selettivi e attaccano di tutto. Questo in mare, in fiume è un altro discorso ma inutile parlarne 😉
Quindi non vi è una risposta unica, tipo sì o no, ma piuttosto un “dipende”. E dipende anche dal tipo di pesca che fai, perché una cosa è presentare il morto in pastura a feeder ed una cosa è avere bigattini morti in pastura manuale poiché non affondano come le larve vive se lanciati sciolti, converrebbe in quel caso inserirli in un mix con uno sfarinato così da poter formare bocce (se si pesca al colpo).
Se hai altre domande chiedi pure 😉
La ringrazio per la risposta, ho iniziato da poco e sono in fase di prova ed infatti colleziono cappotti
I cappotti li portiamo tutti, è assolutamente normale 😉