Nell’articolo precedente abbiamo dato uno sguardo generale alle distribuzioni più diffuse. Entriamo ora un po’ più nel dettaglio cercando di spiegare dove queste distribuzioni trovano maggior applicazione e perché. Gli schemi proposti sono solo indicativi e vanno modificati a seconda della caratteristiche dello spot e delle condizioni partiolari.
Lenze morbide, aperte e leggere (lenze da passata “a scorrere”)
Vi sono spallinate che assicurano ampi movimenti alla lenza, con fluttuazioni particolarmente naturali e adescanti. Tipicamente si tratta di distribuzioni di peso relativamente contenuto, aperte (spaziatura iniziale abbastanza ampia e distanza tra un pallino e l’altro che si riduce progressivamente andando verso l’alto), a coda di topo (peso dei pallini crescente verso l’alto), di lunghezza rilevante (intorno ai 150 cm e anche più) e composte da un discreto numero di pallini a partire dalle piccole misure. La loro dinamica fa sì che siano “tutt’uno con il terminale”, nel senso che la naturalezza nella presentazione dell’esca non è delegata al solo terminale ma coinvolge la lenza per intero, ragion per cui si è soliti consigliare una lunghezza del finale non superiore a tre volte la massima distanza tra i primi due pallini (quelli immediatamente sopra il finale). Per fare un esempio se tra i primi due pallini l’intervallo è di 20 cm il terminale non dovrebbe superare i 60 cm.
Nel tratto di foce si utilizzano in presenza di corrente abbastanza lenta pescando a passare, con trattenute leggere e di controllo. Se la corrente è eccessiva la parte bassa della lenza rischia di sollevarsi troppo dal fondo durante la trattenuta finendo col presentare l’esca ad un’altezza superiore a quella in cui stazionano i pesci. Questo in generale, come concetto, poi chiaramente molto dipende da come è stata costruita la lenza, dal numero e dal peso dei pallini utilizzati.
Dove il fondale lo consente si può talvolta poggiare qualche pallino sul fondo a “dragare”, il che rallenta la corsa del galleggiante senza impedire tuttavia di poter sollevare l’esca in trattenuta, quando cioè il galleggiante viene frenato mentre il basso lenza prosegue in avanti.
Chiaramente se il fondale non è pulito pescare appoggiati in corrente equivale ad incagliare di continuo.
In mare, dove le correnti sono solitamente più deboli che in fiume se non addirittura assenti, queste lenze si utilizzano per conferire all’esca una discesa molto morbida e tendenzialmente lenta. Sono ottime dunque in calata ma anche una volta raggiunto lo stato stazionario offrono notevole naturalezza del fondo. Occorre sempre considerare che tanto più una lenza è morbida e lunga, tanto maggiore è il ritardo con cui trasmette la mangiata al galleggiante. È in altre parola una lenza “lenta” (altro motivo che impone finali di misura contenuta) che richiede galleggianti abbastanza sensibili.
Lenze da trattenuta
Sono spallinate più corte e meno leggere delle precedenti. Maggior peso in minor spazio le rende idonee a correnti più sostenute e a trattenute prolungate (tipiche del tratto di foce quando c’è un po’ di portata extra). Tengono meglio il fondo e sono più rapide nel trasmettere la mangiata. Possono essere realizzate con pallini più o meno piccoli (rispettivamente con minor o maggior intervallo) a seconda del risultato che si vuol ottenere. Anche la lunghezza globale è variabile ma in genere sono lenze che non si estendono oltre il metro.
In mare, dove chiaramente non si pesca in trattenuta, sono lenze che per il loro peso vengono dedicate a spot di una certa profondità e alla ricerca di pesci che mangiano sul fondo.
Lenze a bottoni di camicia
Quando i pallini sono tutti uguali ed equidistanti la lenza affonda alla stessa velocità per tutta la sua lunghezza inoltre non esiste un fulcro evidente, una zona dove cioè il peso è più concentrato, quindi anche durante la trattenuta si ha un sollevamento più o meno uniforme.
Le lenze a bottoni di camicia si comportano bene in calata, che è regolare e a velocità controllata, come anche in passata e trattenuta. Sono poi lenze a mio parere molto versatili quando realizzate con un buon numero di pallini di medio-piccole dimensioni poiché è molto facile passare da una lenza uniforme ad una a serie di bulk. Una considerazione che faccio spesso quando parlo di spallinate è che, per quanto banale, due pallini piccoli ne fanno uno grande mentre da un pallino grande non se ne ricavano due piccoli. Chi è abituato a pescare in zone dove la corrente è variabile nel tempo, e il tratto di foce ne è un esempio, sa benissimo che le condizioni possono mutare anche rapidamente e che si rendono necessari frequenti aggiustamenti della lenza. Ecco che magari per un certo lasso di tempo una lenza a bottoni di camicia è ideale mentre poco dopo è preferibile una distribuzione più da trattenuta.
Questi aggiustamenti sono complessi con le code di topo mentre con le spallinate regolari basta raggruppare (vedi schema sotto).
Noterete che in tutti gli schemi, per quanto puramente indicativi, i terminali sono piuttosto corti. Per chi pesca in mare può apparire come un’assurdità ma occorre riflettere sempre sul perché di certe scelte. La spallinata è la parte “viva” della lenza, quella che ne determina il comportamento. Il terminale, a mio parere, completa questo comportamento e se non è in equilibrio con la restante parte della lenza è come se “vivesse di vita propria”, fosse come scollegato da tutto il resto. Se per qualsiasi ragione si ritiene di dover usare un terminale più lungo allora è fondamentale redistribuire anche i pallini in modo che gli intervalli tra questi siano in rapporto alla lunghezza del finale.
Tendenzialmente non amo terminali particolarmente lunghi salvo, come vedremo, approcci particolari. Di solito preferisco terminali più corti e che rispondono rapidamente alle mangiate. I terminali corti riducono anche la percentuale di allamate profonde, che sono peraltro rischiose per il pesce in quanto togliere l’amo può richiedere un eccesso di manipolazione e danni collaterali anche di notevole entità. Cose da evitare se si prevedere di rilasciare la preda.