Come occorre ripetere: lo street fishing non è una tecnica. Benché la disciplina più praticata in ambiente urbano sia lo spinning (e si può facilmente intuirne il motivo) vi sono spesso spazi idonei anche per tecniche più impegnative dal punto di vista dell’attrezzatura, come appunto il feeder fishing.
Ovviamente mettendo in conto di trasportare un po’ di peso in più, il che è purtroppo inevitabile anche se con una certa organizzazione si riesce facilmente a limitare il sovraccarico.
Alto tratto di foce dell’Arno pisano all’alba.
Abbinare una tecnica di pesca come quella del pellet feeder con l’acqua corrente di un fiume può apparentemente sembrare un azzardo ma in realtà in molti fiumi di pianura, a seconda della stagione, della portata e della zona scelta, si riescono ad individuare punti in cui la corrente sul fondo è molto lenta ed un pellet feeder (come anche un method feeder) può rivelarsi assai efficace.
Dove e quando
È ormai più che noto che al pellet feeder (come al method) si abbinano terminali ultracorti (8–10 cm) e che la presentazione dell’esca avviene in strettissima prossimità del pasturatore. Ne viene che ogni tipo di corrente in grado di allontanare la pastura dal feeder rende la tecnica praticamente inefficace (salvo il classico colpo di fortuna). Per questo motivo il pellet feeder è tipicamente un approccio da acqua ferma (lago, laghetto commerciale, mare molto calmo) tuttavia anche in fiume possiamo trovare buone condizioni per proporlo.
Pesca ai margini. L’approccio “marginale” è uno dei grandi classici del feeder praticato in ambiente urbano.
Di solito le stagioni migliori sono quelle primaverile ed estiva e la ragione sta nella forte riduzione di portata nei corsi d’acqua ormai da tempo non più alimentati dalle piogge. Ci sono poi zone in cui la corrente rimane comunque di una certa intensità ed altre in cui si riduce notevolmente fin quasi a fermarsi. Non è difficile individuarle ad occhio e solitamente si tratta dei margini, delle aree subito a ridosso di grandi strutture come i piloni di un ponte oppure di curve convesse: ovunque la corrente per qualsiasi ragione fisica rallenti fortemente e si crei una zona di morta (zona di “acqua ferma”) è un buon punto per per l’approccio a pellet feeder.
Osserviamo sempre cosa accade immediatamente a valle del pilone di un ponte. Il flusso a monte si divide e prima di unirsi nuovamente potrebbe crearsi un’area di relativa calma dove poter lanciare il pellet feeder.
Si tratta di zone in cui si depositano materiali organici, di sviluppo per una nutrita serie di organismi e di riparo per pesci che non amano troppo nuotare contro forti correnti, come ad esempio le carpe. Nei fiumi questi ciprinidi, benché soliti pascolare lungo ampi tratti di sponda, tendono appunto a preferire le aree più calme che sono infatti quelle prima descritte.
Se da una parte tali aree sono discretamente vaste nella bella stagione, poiché il flusso è globalmente più lento, si riesce ad individuarle anche in inverno, a patto però che non vi siano state piogge recenti. Se infine la pesca avviene nel tratto di foce (zona ad acque di transizione) va considerato anche l’effetto della corrente di fondo in alta marea che, essendo di verso contrario, contrasta quella discendente del fiume.
In questo caso la fase di salita della marea presenta momenti in cui in certe zone l’acqua del fiume si ferma se non addirittura risale lentamente verso monte (indice della spinta del cuneo salino). Inutile dire che è il momento migliore per pescare sia a pellet che a method feeder.
Un leggero panchetto con vano portaoggetti e dotato di tracolla. Il feeder arm e le gambe possono essere trasportate nella sacca porta canne. Il peso globale non è eccessivo, come l’ingombro. Il montaggio è rapido e si riesce ad organizzare una postazione essenziale ma comoda.
Quando parliamo di street fishing occorre ridurre tutto all’essenziale senza tuttavia rinunciare alla comodità. Da questo punto di vista i moderni panchetti con vano porta oggetti sono il giusto compromesso in quanto presentano ingombro e peso limitati e grazie alla tracolla possono essere trasportati senza particolari problemi; le gambe da 25 sono smontabili e trovano posto nella sacca porta canne, insieme al guadino e al feeder arm , mentre nel vano porta oggetti vi è spazio in abbondanza per il resto.
Attrezzatura
Più o meno le canne ed i mulinelli sono quelli già visti tuttavia, vuoi per il fatto che ci troviamo comunque in fiume, vuoi per il fatto che le prede tendono ad essere di taglia abbastanza importante, io tendo a salire leggermente, giusto quel poco che basta per gestire con maggior serenità prede molto combattive in un ambiente tipicamente insidioso. Il fondale nei fiumi è spesso difficile per la presenza di sassi, tronchi, rocce e gromi calcarei (intricati tubi di serpulidi tipici del tratto di foce) e non c’è molto margine per far correre il pesce poiché il rischio di abrasione è molto alto e conviene sollevarlo il prima possibile.
Una canna da feeder medio è l’ideale compromesso tra sensibilità e potenza. In foto la Mitchell Impact R Medium feeder 12′.
Dunque se vi trovate in una zona pulita, sabbiosa o limacciosa, dove non correte alcun rischio va benissimo l’approccio più leggero. In caso contrario è buona regola aggiungere un po’ di potenza, pur sempre senza esagerare ed una canna da feeder di tipo medio su cui montare un quiver da 2 oz è la scelta ideale. Occorre considerare inoltre che se anche sul fondo la corrente è molto lenta, quella superficiale può spingere sul filo ed un quiver troppo sensibile non va bene. Il mulinello è di taglia classica, un 4000. In bobina un buon 0.22 fa coppia con un terminale dello 0.20. Per il resto l’attrezzatura si conclude con alcuni pellet feeder e le classiche perline a sgancio rapido.
Alla canna da feeder medio si abbina un mulinello di taglia 4000 potente e leggero. In foto Il Mitchel 300 imbobinato con lo 0.22mm (vedi recensione del mulinello).
Montatura
Se avete letto gli articoli precedenti l’avrete sicuramente vista ma per comodità ve la ripropongo. Rispetto a quanto indicato (che va comunque bene nella maggior parte dei casi) le differenze riguardano la lenza madre (che ora è di circa 11lb rispetto alle 8lb) ed il terminale (ora di 8lb anziché 6lb). Come si è detto un approccio leggermente più strong. Il setup rimane invariato ed estremamente semplice, con l’accortezza di lasciare scorrevole il feeder (al fine di evitare problemi al pesce in caso dovessero verificarsi incagli e rotture della lenza a monte).
La montatura da pellet/method feeder sta nel palmo di una mano.
Per questo faccio uso delle perline a sgancio rapido (quick change beads) che vanno sostituite a quella in dotazione con il pellet feeder (se c’è) che invece si incastra e quindi rende il setup fisso.
Questi connettori sono molto comodi sia per la pesca a pellet feeder che a method feeder. In realtà si possono utilizzare anche in altre montature ma è principalmente in queste due che esprimono tutto il loro potenziale rappresentando un perfetto punto di stop/battuta per il pasturatore e rendendo rapidissima la sostituzione del terminale. In genere quelle dei brand più noti hanno un certo costo ma si possono acquistare dei pacchetti più economici.
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Benché si tratti di una semplicissima montatura, ripercorriamone la costruzione. Sulla lenza madre facciamo passare prima il pellet feeder, poi il cappuccio della perlina quick change.
Andiamo poi a collegare il gancio della perlina con il nodo che preferiamo. Io di solito opto per un buon Palomar che è semplice da realizzare ed ha una tenuta straordinaria. Il gancio della perlina viene poi inserito nel suo cappuccio e la montatura si può considerare terminata. Non rimane che collegare il terminale al momento del bisogno.
Il terminale sarà dello 0.20 e molto corto (8–10 cm). Si tratta di un hair rig dotato di bait band (anellino in lattice) che consente di ospitare un gran numero di esche, bigattini morti compresi. Chi fosse interessato può leggere l’articolo dedicato a questo nodo (di quello alla fine si tratta) che si può realizzare in modo classico o scorrevole.
Esche e pasture
La scelta della giusta esca e della pastura a maggior capacità attrattiva è questione assai spinosa poiché dipende molto dalle abitudini dei pesci nello spot in questione. Nelle acque naturali, specie se correnti e poco frequentate da pescatori, i pesci sono in genere più difficili poiché abituati a cibarsi di quello che trovano solitamente nel loro ambiente e molte delle nostre diavolerie appaiono come totalmente estranee. Se talvolta esche particolari come nuggets, wafters e pellets di vario tipo possono dare risultati, statisticamente sono quelle più classiche che hanno maggiori chance e tra queste, almeno nella mia esperienza, il bigattino morto si trova al primo posto.
Un ciuffo di bigattini morti puà essere innescato su hair rig come in figura.
Si tratta di un’esca morbida che può essere utilizzata così com’è oppure aromatizzata leggermente per un abbinamento più stretto con la pastura scelta, operazione opzionale ma che consiglio di fare, magari con una piccola quantità di larve, così da averne almeno di due tipi: aromatizzate e non.
I bigattini morti di solito si preparano congelandoli come descritto nell’articolo dedicato. In questa sessione come aromatizzante liquido ho scelto lo Sweet Scopex (Dynamite Baits), aggiunto dopo aver scolato leggermente i bigattini dall’acqua di scongelamento ed averli inseriti in un contenitore ermetico (l’acqua che rimane, insieme all’aromatizzante, è sufficiente per mantenerli in buono stato nella breve sessione).
Particolare dell’innesco.
La pastura è rappresentata sia dagli stessi bigattini, che vengono posizionati sul fondo del pellet feeder, sia da uno sfarinato, la cui funzione è tanto quella di tappare il feeder (si evita che i bigattini fuoriescano col lancio e l’impatto in acqua) quanto di fornire una quota di attrazione diffusibile.
Essendo morti i bigattini non necessitano di incollaggio e una volta sul fondo vengono liberati grazie alla debole corrente, depositandosi in un’area ristretta davanti al feeder mentre la pastura (trattandosi di uno sfarinato) crea una nuvola in discesa e sempre sul fondo viene spinta leggermente più a valle per diffondere poi in un’area più ampia.
Per il match la pastura è in linea con l’aroma liquido scelto e per questa sessione ho utilizzato la Browning Champion’s Method Formula Fish (alla farina di pesce e aroma Scopex-Caramello).
La pastura utlizzata: Browning Formula Fish
Si tratta di una pastura molto ricca e profumata (aroma dolce decisamente spiccato), dalla granulometria fine, che si compatta bene senza tuttavia risultare eccessivamente legante e appiccicosa. Non molto diffusa nei negozi nostrani e quindi di non facile reperibilità.
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Un abbinamento, quello qui proposto, che consiglio di provare magari mettendolo a confronto con altri per verificarne la validità anche nei vostri spot. Lo Scopex è un evergreen del carpfishing e come tale riscuote generalmente un discreto successo in tutte le stagioni, compresa quella invernale. Il bigattino morto è un’esca universale e riconosciuta come fonte di nutrimento anche dalle prede più diffidenti. Infine, ma non meno importante, la pastura è a base di farina di pesce e quindi ad alto contenuto proteico cosa che non guasta in inverno, ma va bene anche in estate in quanto l’aroma tende al dolce (scopex-caramello).
Azione di pesca
La pesca a pellet feeder è forse tra le più semplici in assoluto, anche in fiume, a patto di aver scelto la zona con accuratezza. Il problema principale in questo approccio è rappresentato dal trovarsi fuori pastura e succede solo se nell’area di deposito vi è una corrente che spazza via e allontana il contenuto del pasturatore. Se questo non accade, esca e pastura si troveranno entrambe molto vicine e qualsiasi pesce che ne venga attirato finirà col provare anche il nostro boccone.
Due classiche prede della pesca a pellet feeder: Channel (Ictalurus punctatus) e Carpa regina (Cyprinus carpio). Sono pesci che possono raggiungere una certa taglia ed abituati alle acque correnti, il che giustifica il setup leggermente più generoso.
Prima di iniziare conviene creare un minimo di fondo poiché i pellet feeder in genere sono pasturatori di medio-piccole dimensioni. Io di solito faccio quattro o cinque lanci senza terminale, a svuotare il feeder, seguiti poi da altri lanci (con terminale ed esca) a bassa permanenza (2 minuti in acqua ed in assenza di mangiate si recupera). Dopo un quarto d’ora si può pensare di allungare la permanenza ai classici 5 minuti poiché dovremmo aver sufficiente pastura sul fondo.
Per l’innesco del bigattino io preferisco in assoluto il ciuffetto su bait band poiché si evita di forare le larve ed in più l’hair rig offre l’opportunità di usare anche altre esche alternative se la situazione dovesse complicarsi: uno o due chicchi di mais, uno o due dischetti di pane ed eventualmente anche un wafter colorato o un pellet aromatizzato. Di solito il ciuffo di bigattini morti non tradisce (dategli fiducia), anche perché le larve morte sono anche in pastura, ma specie in inverno avere una via d’uscita è sempre buona cosa.
Portate sempre con voi un materassino pieghevole o anche un semplice tappetino in eva arrotolabile, così da avere una superficie morbida sulla quale adagiare momentaneamente il pesce durante la slamatura.
Concludiamo l’articolo con una breve clip realizzata durante una sessione a pellet feeder nel tratto di foce che mostra i momenti salienti, dalla preparazione della postazione fino ai particolari dell’azione di pesca. Meno di due minuti per una panoramica completa di quanto abbiamo detto fin’ora.
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